GUIDONIA MONTECELIO – Si chiama Julien Guerrier, a giugno compirà 38 anni: dovesse vincere l’80° Open d’Italia, dimostrerebbe che nella vita, nello sport e, soprattutto nel golf, non è mai troppo tardi.
Una grande lotta
A fare da terzo incomodo, il polacco Adrian Meronk, secondo a-11, giocatore di grande qualità, detentore di ottimi risultati anche sul tour americano e autorevole candidato a un posto nella squadra di Ryder Cup. Vincesse lui, sarebbe un bel nome da inserire nell’albo d’oro. Nella lotta per il titolo, però, bisogna tener dentro un bel po’ di altri giocatori, soprattutto quelli al quarto posto, al pari di Pavon, vale a dire il sudafricano Daniel Van Tonder, il finlandese Tapio Pulkkanen e il tedesco (lui sì vecchia conoscenza) Marcel Siem.
Dal 2013
La vittoria di un francese ci riporterebbe al 2013, quando Julien Quesne s’impose al Circolo Torino, e al 2001 quando a Is Molas vinse Gregory Havret. Questo per stare a un’epoca recente. In ogni caso è la conferma del buon momento che sta vivendo il golf in casa dei nostri vicini. Hanno tanti giocatori sul Tour, sono competitivi e spesso portano a casa la vittoria. Al contrario nostro, che, invece, viviamo un periodo di forte involuzione. Tre solo giocatori hanno la carta per il Tour Europeo e uno di questi, Francesco Molinari, al momento gioca prevalentemente in America. Gli altri due sono Edoardo Molinari, che non ha superato il taglio, e Guido Migliozzi che, partito con grandi ambizioni, dopo una un buon avvio in 69 colpi, si è inceppato nei due giri successivi: 74 74. Un po’ poco, soprattutto se si considera che Migliozzi punta (a ragione) a una chiamata di capitan Luke Donald per la Ryder Cup di settembre, che si giocherà proprio qui al Marco Simone. Migliozzi attualmente occupa la 62ma posizione, alla pari di Aron Zemmer, crollato nel terzo giro (71 75 75). E fa tristezza vedere Renato Paratore, ottimo protagonista ieri con un bel 69, dover consegnare uno score di 79, 8 colpi sopra par. Renato è penultimo. A salvarlo dall’ultima posizione c’è, a -11, Julien Brun, francese sì, ma di altro livello. Almeno questa volta.