Le liste di attesa sono ancora lunghe. Molti farmaci non sono rimborsabili. Chi ha bisogno di visite specialistiche alla fine decide di pagarsele di tasca propria. Tanti altri, invece, aspettano, rimandano o addirittura rinunciano: sono 1 milione 900 mila italiani. Quanto sia a rischio oggi la salute dei cittadini senza un servizio sanitario in grado di garantire assistenza a tutti, in modo capillare e rapido, lo spiegano con chiarezza i dati del rapporto della Fondazione Gimbe: nel 2022 la spesa sanitaria out-of-pocket, ossia quella che è sostenuta direttamente dalle famiglie, ammonta a quasi 37 miliardi di euro; 25,2 milioni di famiglie italiane in media hanno speso per la salute 1.362 euro, oltre 64 euro in più rispetto all'anno precedente.
I PARAMETRI
«Se da un lato la spesa sostenuta dalle famiglie supera la soglia del 15% spiega il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta concretizzando di fatto, secondo i parametri dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, un sistema sanitario misto, va rilevato che quasi l'89% della spesa privata è a carico delle famiglie».
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È capitato a Nunziella Troiano, 44 anni, lucana. «Sono una paziente oncologica e ho una mutazione genetica brca1 che mi predispone alla malattia spiega - L'aspettativa della recidiva è quindi sempre dietro l'angolo. Normalmente dovrei fare i follow up con cadenza regolare, ogni 4-6 mesi, ma non riesco mai a farli, perché vengo rimandata dopo un anno, 10 mesi se va bene. Certo, se potessi, affronterei una spesa privata e lo avrei fatto anche tanti anni fa: prima di ammalarmi, quando sapevo di essere una donna con questa mutazione genetica, a causa delle lungaggini burocratiche ho avuto difficoltà a controllarmi per un anno e mezzo, ed è stato questo il periodo in cui mi sono ammalata. Il mio rimpianto è che se mi fossi potuta permettere delle visite private, probabilmente mi sarei approcciata alla chirurgia preventiva. Nel mio caso, avrei potuto farlo prima e avrei evitato la malattia e la conseguente chemioterapia».
I CONTI
Stesse difficoltà le ha dovute superare Bruna, 51 anni, anche lei vive nel Mezzogiorno. «Da capofamiglia, impiegata part time, ho dovuto fare i salti mortali racconta - E sono stata tanto aiutata. Ma in uno degli appuntamenti romani per i controlli, ricordo che proprio non riuscivo a far tornare i conti. Allora, un giorno ho preso con me il collier d'oro che mi avevano regalato i miei nonni quando mi sono diplomata e mi sono recata in oreficeria. L'ho dato via piangendo. Così ho pagato viaggio, albergo, vitto, taxi, controllo e visita ginecologica. Ho speso tutto e sono rientrata».
Ma il peso economico delle cure spesso è insopportabile anche per i malati cronici. Teresa Crea vive a Roma e a giugno compirà 72 anni. «Ho lavorato per 42 anni in uno studio notarile ricorda poi mi sono dovuta fermare perché mi sono ammalata: soffro di fibromialgia e ho anche tante altre patologie. Pur avendo l'invalidità, e nonostante sulla ricetta il medico indichi l'urgenza della visita o dell'esame strumentale, devo aspettare mesi e anche un anno. E così, visto che da molti esami dipende poi la mia salute e la qualità della vita, spesso sono costretta a pagare anche duecento euro di tasca mia per un controllo».
LE RINUNCE
Le visite da fare ogni mese sono tante, e le rinunce sempre più numerose. «Alcuni farmaci che servono per calmare il dolore spiega amareggiata costano 54 euro e non sono rimborsabili. Ormai evito di comprarli e cerco di sopportare il dolore. Per riuscire a far fronte a tutte le spese, mio marito ha pure ceduto il quinto della pensione. Ma la cosa che più mi addolora è che con quel prestito mi sarebbe piaciuto dare una mano ai miei figli. E invece non bastano neanche per curare me».© RIPRODUZIONE RISERVATA