Dottori aggrediti. «Stanotte morirete»: l'incubo per i due medici di Jesolo è iniziato così

Lunedì 6 Maggio 2024 di Giuseppe Babbo
Medici aggrediti nell'ospedale di Jesolo

JESOLO - «Quanto accaduto è a metà tra l'inverosimile e il tragico. Io e la collega abbiamo subìto un'aggressione da parte di un addetto al servizio di manutenzione della struttura in cui lavoriamo e dove siamo attualmente in servizio». A parlare è direttamente Micheal Martin, il medico di 27 anni, originario di Noventa di Piave, da tre anni in servizio a Jesolo nell'ambulatorio di continuità assistenziale.

Sabato sera è stato lui a chiedere al 36enne che guidava la vecchia Fiat 500 di smetterla di fare gimcane nel piazzale dell'ospedale. Furiosa la sua reazione, tanto da minacciare di morte il medico e la collega. «Questa notte voi due morirete», le parole che si sono sentiti rivolgere più volte i due sanitari mentre cercavano riparo nei bagni e nelle stanze del Pronto soccorso cercando di sfuggire alla rabbia dell'aggressore.

Dottore, ci racconta cosa è successo?
«Stavamo visitando un bambino, quando attorno alle 22 dal piazzale dell'ospedale abbiamo sentito un'auto che sgommava e suonava il clacson. Visto il luogo e l'ora, sono uscito per chiedere di finirla. Il risultato sono stati insulti e minacce di morte. Per fortuna la famiglia col bambino nel frattempo aveva lasciato la struttura».


Avete avuto paura?
«Molta. Dopo quanto accaduto io e la collega siamo rimasti sempre nella stessa stanza. Avevamo anche un bastane in caso di necessità: quell'uomo aveva le chiavi di tutti i locali e poteva entrare da un momento all'altro».

Le minacce sono arrivate da un addetto alle manutenzioni che in linea teorica avrebbe dovuto lavorare per voi: dove c'è stato il cortocircuito?
«Sabato c'è stato un fallimento dei sistemi di sicurezza di base: quando sono uscito per capire chi stesse provocando quel frastuono ho appreso con stupore che si trattava del manutentore. È una cosa che si fatica a immaginare. Ad aggiungersi c'è poi il fallimento del sistema dirigenziale: per 4 ore abbiamo provato a contattare la dirigenza medica, ma non abbiamo trovato nessuno di reperibile, che però per legge deve esserci. Le forze dell'ordine non hanno nemmeno potuto ritirare le chiavi delle varie stanze a questa persona perché doveva esserci l'autorizzazione di qualche responsabile. E poi c'è la questione delle porte: più volte abbiamo segnalato di sistemarle, ma non è mai accaduto».


Cosa servirebbe per risolvere i problemi?
«Per esempio formare il personale a fronteggiare situazioni come questa e avere un'infrastruttura un po' più adeguata. E poi serve maggiore collaborazione con il personale in servizio che può dare delle indicazioni utili».


Le era mai già capitato di essere aggredito?
«Una volta lavorando in un pronto soccorso un accompagnatore, sotto l'effetto di sostanze, ha sfondato la porta d'accesso: siamo dovuti intervenire in otto per fermalo e sedarlo. Quello è l'episodio più simile a quello di sabato. Questa volta però si è trattato di una persona che lavorava per la struttura, il che non va sottovalutato».


Ora è preoccupato di riprendere servizio?
«Abbastanza, anche perché le minacce che abbiamo ricevuto non sono stare leggere. Ci ha detto "Voi due stanotte morirete". Questa persona ci conosce, sa che auto abbiamo. Anche se verrà allontanato la preoccupazione rimane: potrebbe sempre incrociarci altrove».


Presenterete una denuncia?
«Certo e segnaleremo ogni falla del sistema. Se non ci saranno degli adeguamenti non riprenderemo servizio: non possiamo pensare di andare a lavorare con il rischio di essere picchiati o di morire perché non si è protetti».

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