Claudio Casotto, 45 anni: «Io, medico, vi racconto la mia vita con il cancro»

Padre di due bimbi, ha aperto un canale YouTube per parlare della malattia

Lunedì 26 Giugno 2023 di Elisa fais
Claudio Casotto

PADOVA - Prima sono arrivate incredulità e tristezza. Poi hanno fatto capolino il terrore legato ai due figli piccoli e, ancora, un senso di ingiustizia, rabbia e paura per il futuro. Un’ondata difficile da gestire, ma ben contenuta da due emozioni positive e resistenti: la gratitudine per una famiglia unita e la speranza. Claudio Casotto, 45 anni, medico padovano specializzato in Igiene e Psicoterapia, racconta così il viaggio iniziato nel 2018 a seguito della diagnosi di tumore al fegato. “Io e il mio amico cancro” è il titolo che Casotto, sposato e padre di due bimbi, ha dato al suo vlog su YouTube. Una serie di video, visti da oltre 50mila persone, in cui racconta in maniera disincantata cosa vuol dire convivere con una malattia grave. 
 

Come ha affrontato la malattia? 
«Nel 2018 con la prima diagnosi nutrivo molte speranze: che il tumore non tornasse dopo l’intervento e di essere trapiantato. Molto più difficile è stato ricevere la notizia della metastasi nel 2020, ciò mi ha escluso dalla lista trapianti. Altro duro colpo è quando mi è stato detto di non essere più operabile». 
 

Quanto è importante la vicinanza della famiglia in un periodo così difficile? 
«Tantissimo. Più di qualsiasi altra cosa. Mia moglie e ancora di più i miei bambini sono la mia forza. So che in linea di massima potrei mollare e che verrei capito ed accettato, ma non posso accettare l’idea che loro debbano rinunciare ad avere un padre. So che questo potrebbe accadere, ma per loro farò sempre di tutto e di più». 
 

Cosa pensa della sanità? 
«Io sono stato forse fortunato, ma penso bene di quasi tutti quelli che mi hanno seguito. Se c’è reale urgenza ho visto agire sempre in tempi brevi».
 

Ha deciso di raccontare la sua esperienza in maniera diretta attraverso i video racconti, come mai? 
«All’inizio la volontà era quella di lasciare un segno per i miei cari. Poi è venuta la voglia di condividere anche per spiegare come si può vivere una situazione del genere. Il tutto senza voler dare soluzioni o regole da seguire valide per tutti». 
 

Che reazioni riceve dal mondo del web? 
«Per lo più i commenti sono molto positivi. All’inizio erano solo di amici, poi all’improvviso la community è cresciuta molto come numeri e ho iniziato a sentire il supporto anche da gente che non conoscevo e questo è stato molto bello. Anche quei pochi commenti critici mi hanno fatto piacere. Ricordo una persona con un lutto alle spalle che mi domandava seccata come si potesse parlare di “amico” cancro, richiamando il titolo del vlog. Ovviamente comprendo il punto di vista, credo che commenti così possano solo rendere più ricco il forum sotto i video. Mi fanno poi sinceramente sorridere quelli che mi dicono che si vede che ho poco ancora da vivere. Magari sarà anche così, ma leggere la loro poca empatia mi crea più ilarità che altro». 
 

Spesso il periodo in cui una persona si sottopone a terapie contro il tumore, viene narrato come “una battaglia” dove per forza si deve vincere. Ci si deve preparare anche alle sconfitte? 
«La narrazione del tumore come una battaglia è affascinante. Che sia affascinante però non vuol dire che sia anche una cosa corretta. L’errore che implicitamente si fa se si ragiona così è che chi vince contro il tumore ha lottato bene, chi perde non ha lottato a sufficienza. Questo è da evitare al 100%. Si può essere grandi lottatori anche se si decide di non insistere più con le cure o se ci si lascia andare o se si è sfortunati». 
 

Quanto può essere invalidante il dolore nel quotidiano? 
«Al momento sto assumendo Morfina in elastomero (un barattolo che tengo sempre con me e che permette di infondere in vena una quantità predeterminata di soluzione). Oltre a questo mi trovo in certi giorni a prendere altri oppioidi per bocca e a farmi di ulteriori fiale di Morfina sottocute. Nonostante ciò non sono ancora in cure palliative perché parallelamente a ciò sto assumendo una chemioterapia che ha lo scopo di ridurre le masse e quindi in qualche modo di curare». 
 

Quanto tempo pensa di avere davanti a sé e come lo sta sfruttando? 
«Questa è una domanda che evito di farmi. Purtroppo tutti dobbiamo prima o poi morire, ma chi ha un tumore non ha modo di mettere facilmente questo pensiero da parte come fanno le persone “sane”. Ci sono a ricordarlo sempre i giorni no, il dolore, i ricoveri, le TAC e le RM periodiche. Non è facile. Per sfruttare al meglio il tempo mi pongo scadenze via via più avanti: ad esempio voglio fare questo con i bambini, voglio vederli arrivare a 10 anni, voglio fare quel viaggio».
 

Cosa le dà speranza? 
«Mi piacerebbe poter dire la fede, ma purtroppo non riesco a trovare in essa il beneficio che vorrei. Perciò dico che mi dà speranza la convinzione che ci sono ancora carte da giocare. E, a volte, quando la speranza non c’è, resta la capacità che ho di non pensare a quello che verrà e stop». 
 

Teme la morte? 
«Sono terrorizzato dall’idea di morire. Purtroppo non sono così “zen” da sentirmi parte del tutto o cose del genere. Non dispero ancora però, magari riuscirò a trovare un modo per vivere questo in modo più sereno».
 

Cosa ne pensa dell’eutanasia? 
«Sono assolutamente favorevole anche se capisco ci siano enormi difficoltà quando si deve andare a decidere quali sono i paletti per potervi accedere e quali per esserne esclusi».

Ultimo aggiornamento: 22:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci